PINK FLOYD LIVE AT POMPEII: IL RITORNO AL TRAGICO 

02.09.2023

 

Un sole fitto che spacca le pietre, sabbia sotto ai piedi, colonne, archi, piccole case ed un piccolo anfiteatro. Le romantiche rovine di una città di circa duemila anni fa creano un perfetto scenario neoclassico.

Un senso di vuoto, di estraniazione rapisce gli uomini che compiono questo viaggio nel passato, e nel 1971 a fondersi con questo paesaggio ipnotico è stata l'innovazione, la moderna musica dei Pink Floyd che avvolse le rovine di Pompei: ad assistere non c'era nessuno, le note dei quattro musicisti inglesi risuonarono nel vuoto più totale, in un ambiente unico.

Il paesaggio della città di Pompei non ha infatti rivali in nessun'altra parte del mondo: la piccola città ai piedi del Vesuvio è rimasta ferma nel tempo, a quando la catastrofica eruzione del vulcano del 79 d.C. la rese di fatto immortale.

Nel 1971, passeggiando per le stradine di Pompei tra piccole abitazioni e mercati, il regista scozzese Adrian Maben, in cerca del suo portafogli smarrito dopo una visita, ebbe l'idea per un progetto che aveva in mente ormai da tempo: unire la musica dei Pink Floyd all'arte visiva.

I quattro musicisti dapprima rifiutarono l'idea di unire le loro canzoni alle opere di Magritte e De Chirico, ma quando gli venne offerta la possibilità di suonare in uno dei luoghi più suggestivi al mondo non poterono non accettare.

L'idea di Maben era quella di far suonare la band inglese nell'anfiteatro romano completamente vuoto, in netto contrasto con il recente festival di Woodstock.

A contribuire a questo progetto ci fu anche Ugo Carputi, professore dell'università di Napoli, che permise l'accesso al parco archeologico per le riprese.

Waters, Gilmour, Wright e Mason espressero la loro volontà di registrare tutto dal vivo e per garantire la stessa qualità sonora delle registrazioni in studio: ad ottobre venne trasportato nell'anfiteatro romano un impianto per la registrazione a 24 tracce e tutto il materiale da concerto, il quale però fu inutilizzabile i primi giorni a causa dell'insufficiente corrente presente sul posto. Il problema fu risolto grazie ad un lunghissimo cavo che trasportò la corrente dal municipio della città al parco archeologico.

A causa dell'inconveniente i tempi di ripresa furono ridotti a soli quattro giorni, dal 4 al 7 ottobre 1971, e in questi giorni furono registrati la prima metà ed il finale di Echoes, One of These Days e A Saucerful of Secrets.

Come racconterà Maben in futuro, andarono perse numerose bobine ed è per questo che nella registrazione di One Of These Days si vedono quasi esclusivamente inquadrature di Nick Mason.

Insoddisfatto della quantità di materiale girato, Maben decise di lavorare ancora al film in uno studio di cinematografico francese, l'Europasonor di Parigi, dal 13 al 20 dicembre del 1971.

Alle sessioni girate nella capitale francese il regista alternò delle scene girate nella solfatara di Pozzuoli per provare a mantenere l'ambientazione principale ed il clima mistico e sfuggente che si respirava tra le rovine di Pompei.

Tra le scene filmate nella capitale francese ricordiamo quella di Mademoiselle Nobs, rimasta nella memoria dei più poiché ad essere protagonista è una femmina di levriero russo di proprietà di una famiglia circense parigina chiamata appunto Nobs, la quale si esibisce in un blues accompagnata da Roger Waters alla chitarra e David Gilmour all'armonica, mentre Rick Wright le porge il microfono e la tiene ferma.

La prima versione del film fu completata nel 1972 e fu presentata all'Edimburgh Film Festival nel giugno dello stesso anno.

Nell'agosto del 1974 uscì una seconda versione del film della durata di circa 80 minuti, contenente filmati aggiuntivi fatti durante i lavori finali del mixaggio di The Dark Side Of The Moon, album che era ormai completato. Ai quattro musicisti venne chiesto di sovraincidere delle parti strumentali che non compaiono nella versione finale dell'album uscita nel 1973.

    

 

In quel 1971, una delle band che ha segnato per sempre la storia della musica si immerse in duemila anni di storia, in un luogo dove le lancette dell'orologio sembrano essersi fermate per sempre e che può forse definirsi l'opposto della musica rock: un luogo di compostezza e rigidità delle forme. Ma la musica dei quattro inglesi riuscì a dare nuova vita a quelle rovine.

"Avremo acquistato molto per la scienza estetica, quando saremo giunti non soltanto alla comprensione logica, ma anche alla sicurezza immediata dell'intuizione che lo sviluppo dell'arte è legato alla duplicità dell'apollineo e del dionisiaco, similmente a come la generazione dipende dalla dualità dei sessi, attraverso una continua lotta e una riconciliazione che interviene solo periodicamente". (Friedrich Nietzsche,  La Nascita della Tragedia, 1871.)

Lo scontro fra due forze contrastanti, lo scontro fra l'apollineo e il dionisiaco, è questa la base della creazione delle più originali forme di arte secondo il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, e nell'anfiteatro pompeiano il furor della musica rock si scontrò con la monumentale armoniosità classica. E come le baccanti – donne protagoniste dell'omonima tragedia di Euripide – che in un momento di furore dionisiaco si avventano su un branco di mucche e le squartano con forza sovrumana, e fanno a pezzi il re Penteo, così i Pink Floyd, anche loro preda di Dioniso, suonano con un'energia tale che forse si sono scordati che di fatto non stanno suonando per nessuno.

Nick Mason non smette di colpire la sua grancassa, Richard Wright percuote letteralmente la tastiera del suo pianoforte, David Gilmour seduto sulla sabbia fa slittare uno slide sul manico della sua Stratocaster e Roger Waters colpisce il gong sotto il sole di Pompei come se stesse giustiziando qualcuno: un'immagine che rimarrà per sempre nella storia di quegli anni.

I Pink Floyd dei live talmente impregnati di rivoluzionari effetti visivi e speciali, che quasi nascondevano i musicisti dagli sguardi del pubblico, ora non c'erano: i quattro giovani si erano finalmente messi a nudo suonando alla luce del sole su un palco dallo scenario apocalittico.

Apollineo e Dionisiaco tornano ad unirsi, proclamando il trionfo dell'arte e della bellezza. Un miracolo che solo dei grandi artisti come i Pink Floyd potevano compiere.


Autore

SIMONE SAVASTA

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