CATERINA DI RUSSIA: UN SOVRANO ASSOLUTO ED ILLUMINATO

Nel corso della storia, in particolare modo nelle società occidentali, è difficile trovare delle donne che ebbero un potere pari, se non addirittura superiore a quello degli uomini.
Quella europea è sempre stata una società con delle differenze di genere vistose: dal pater familias romano, passando per i primi monarchi ed imperatori, per giungere infine ai moderni capi di governo, sono sempre stati gli uomini ad occupare i ruoli di comando.
Se fermiamo la nostra linea temporale e gettiamo lo sguardo sull'Europa della seconda metà del 1700 difficilmente ci aspetteremmo di trovare fra i grandi regnati europei una donna.
Ampliando però il nostro sguardo sulla Russia, un paese dove ancora oggi è difficile non vedere soli uomini al potere, sarà improbabile non notare che a detenere la corona di Zar era proprio una donna: Caterina II di Russia.
Gli anni di governo di Caterina furono certamente singolari: il mondo si trovava all'interno di una trasformazione radicale, che getterà le basi dell'età contemporanea.
Il settecento fu infatti un secolo assai contraddittorio e colmo di fermento: l'Europa del XVIII secolo fu il continente dei grandi poteri assoluti, delle monarchie incontrastabili; allo stesso tempo però riuscì anche ad essere l'epoca dei grandi filosofi francesi come Rousseau e Voltaire, esponenti di quell'illuminismo che andava diffondendosi in tutta l'Europa, alla ricerca della ragione, dello spirito critico, dell'emancipazione intellettuale che pretendeva di divenire anche emancipazione politica.
Se ci fu però un personaggio che racchiuse insieme questa dicotomia apparentemente insanabile, esso fu proprio Caterina di Russia, la quale riuscì nell'impresa di essere da una parte un sovrano assoluto, sciolto cioè da ogni sorta di vincolo, a capo di un impero mezzo europeo e mezzo asiatico, e dall'altra di farsi amare dai filosofi francesi e dallo stesso Voltaire, il quale fu il primo a chiamarla "la grande".
Se ci immaginiamo Caterina nata e cresciuta in una lussuosissima corte russa, ci sbagliamo di grosso.
La futura zarina nacque infatti da un principe tedesco, il quale non aveva nulla di speciale rispetto all'infinità di principi che all'epoca popolavano le aree della Germania. Anzi suo padre, Cristiano Augusto di Anhalt-Zerbst, essendo un figlio cadetto, era costretto a guadagnarsi da vivere facendo il generale nell'esercito prussiano.
Caterina, o meglio Sofia Federica Augusta, questo il suo nome di battesimo, non nacque tra le luccicanti colone di un palazzo reale, ma in un banale alloggio d'affitto del padre nella sperduta cittadina di Stettino sulle coste del baltico.
Nonostante le modeste condizioni del padre, essa nacque pur sempre in una famiglia nobile del 1700 e fu dunque indirizzata ad un'educazione sul modello francese, destinata a creare una brava principessa che potesse ottenere la dote di qualche principe o re facoltoso.
Caterina, o meglio Sofia, non si aspettava di certo che al posto dell'essere una semplice moglie in qualche corte europea, si sarebbe ritrovata alla guida di un paese-continente, che da tempo cercava di affermarsi fra le grandi potenze europee.
Il destino di Sofia andò ad intrecciarsi con quello di una Russia che da qualche anno stava attraversando un forte momento di crisi. Dopo la morte di Pietro il grande, colui che ebbe i meriti di rinnovare la società e l'apparato amministrativo russo, il trono rimase vacante e per 15 anni su di esso si susseguirono ben 5 fra zar e zarine, che dopo pochi anni o mesi si ritrovavano senza corona o senza testa.
La situazione era catastrofica e fu perfettamente descritta nel secolo successivo dall'intellettuale russo Alexander Gercen, che scrisse "andando a dormire gli abitanti di Pietroburgo non sapevano mai sotto il governo di chi si sarebbero risvegliati. Un gruppo di oligarchi, di stranieri, di avventurieri, di favoriti conducevano notte tempo uno sconosciuto, o un bambino, o una tedesca, lo elevavano al trono, lo adoravano e distribuivano in suo nome colpi di frusta a coloro che ne trovavano da ridire".
A trovare una certa stabilità ci pensò una delle figlie di Pietro, Elisabetta, la quale riuscì a salire sul trono e soprattuto, attraverso una feroce spietatezza, a mantenerlo per vent'anni.
Alla fine del suo regno Elisabetta, che non aveva ne marito ne figli, si dovette impegnare a garantire alla Russia una successione stabile e pacifica.
Riuscì tramite la sorella, che si era sposata in Germania, ad adottare un giovane nipote tedesco, che prenderà il nome Pietro (il futuro Pietro III).
Trovato il successore andava trovata la rispettiva moglie, che Elisabetta volle pescare sempre nel circuito Prussiano-tedesco, data la grande amicizia con Federico il grande.
La scelta di Elisabetta ricadde sulla cugina di Pietro, proprio Sofia.
Sofia all'età di 15 anni arrivò per la prima volta in Russia assieme alla madre.
Dopo un viaggio durato un mese e mezzo, fra neve e pioggia, le due donne arrivarono nella più splendida e spendacciona corte d'Europa.
Entrò in un mondo assurdo fra continue feste, bizzarrie e stravaganze: il potere degli Zar di Russia era infatti un potere assoluto ed incontrollato, che racchiudeva anche una quantità di denaro impressionante, dunque ogni limite alla realizzazione delle fantasie più incredibili era completamente assente; non dobbiamo stupirci se Elisabetta ogni anno organizzasse un ballo dove costringeva gli uomini e vestirsi da donna e le donne da uomini, e ciò è nulla in confronto alle follie della Zarina Anna, la quale non esitò un attimo a costringere due servi a sposarsi vestiti da uccelli.
In questa stravagante corte Caterina incontrò per la seconda volta il suo futuro sposo Pietro, e se la prima volta, all'età di dieci anni, non ci fu una buona impressione fra i due, anche cinque anni più tardi Sofia non cambiò idea su suo cugino.
I due non si amarono mai, anzi non ci fu mai neanche simpatia o stima reciproca, così Sofia, che a breve diventerà Caterina, scrisse nelle sue memorie "Era evidente che il granduca non mi amava; quindici giorni dopo il matrimonio, egli di nuovo mi aveva detto di essere innamorato della signorina Carr, dama d'onore dell'imperatrice (…) Dovevo dirmi che sarei stata molto infelice con quell'uomo, se avessi voluto nutrire per lui una tenerezza alla quale egli corrispondeva così male, e che avrei potuto morire di gelosia senza arrecare conforto a nessuno. Se egli avesse voluto essere amato, egli non avrebbe trovato delle difficoltà in me, disposta per natura e per abitudine a fare sempre il mio dovere; ma avrei dovuto avere un marito fornito del buon senso che Pietro non possedeva".
I due giovani tedeschi si preparavano a governare la Russia: mentre Pietro, anche a causa della sua scarsissima propensione al comando, non si sforzò mai di smettere di essere prussiano, Caterina capì che da suo marito non sarebbe mai potuta dipendere ne lei ne l'impero che si apprestava ad amministrare, dunque decise di compiere su di essa un'opera di russificazione.
Un anno dopo l'arrivo alla corte di Pietroburgo, Sofia si convertì al cristianesimo ortodosso, divenne Caterina e sposò l'erede al trono di uno dei paesi più grandi e complessi d'Europa.
Caterina si stabilì a corte e la vita all'interno dell'aristocrazia russa del 1700 potrebbe agli occhi di molti sembrare un sogno, ma così non fu per la futura zarina.
La vita dei due coniugi era infatti completamente controllata da Elisabetta, la quale invecchiava e beveva sempre di più.
Caterina era costantemente spiata dalla Zarina, la quale addirittura impedì alla nipote di poter piangere la morte del padre per più di una settimana, per non trasgredire il rigido codice di regole di corte che regolava anche le modalità di lutto.
Anche la convivenza con il marito divenne presto impossibile: Pietro rimase sempre un bambino, che pensava solo a far marciare i camerieri di corte vestiti da soldati e ad ubriacarsi ogni volta che erano a tavola.
I difficili rapporti coniugali fra i due, non furono però esclusivamente un problema della vita privata di Pietro e Caterina: il fatto che i due non riuscissero ad avere rapporti intimi si trasformò in breve tempo in un vero e proprio caso politico.
Il matrimonio fra regnanti aveva solo scopi diplomatici e serviva a trovare un erede al trono al paese, ed il fatto che Caterina dopo nove mesi dalle nozze non fosse ancora rimasta incinta significò far preoccupare le istituzioni russe.
Il primo ministro, il cancelliere Aleksej Bestuzev, spiegò a Caterina che doveva "imparare a prestarsi più docilmente ai gusti di suo marito, a dimostrarsi compiacente, gradevole, amorosa, ardente se occorre, ad impiegare insomma tutti i mezzi in suo potere per ottenere le tenerezza di suo marito e assolvere il suo compito" (parole tratte dalle memorie di Caterina).
Nonostante le pressioni provenienti dalle ambascerie e delle cancellerie reali, non ci fu alcun verso di risolvere il problema. Dalle lettere scambiate fra i vari uffici, si evince che Pietro fosse probabilmente caratterizzato da un difetto fisico, che lo avrebbe reso impossibilitato alla procreazione: è questo quello di cui si occupavano i diplomatici delle corti delle monarchie assolute settecentesche.
Nella questione, ormai divenuta spinosa, decise di intervenire Elisabetta, che impose a Caterina di restare incinta, lasciando intendere che non importava molto chi sarebbe stato il padre.
Dopo due aborti nel 1754 e dopo nove anni di matrimonio Caterina riuscì a partorire il piccolo Paolo, futuro Zar.
Dopo qualche anno Caterina partorirà nuovamente, ma questa volta una bambina.
C'è un dettaglio però da non tralasciare: i figli e la madre non ebbero quasi mai contatti, i bambini vennero infatti allevati esclusivamente da Elisabetta.
La vita di Caterina appare fin da subito la storia di un romanzo, ma è quando salì sul trono che entrerà a far parte della Storia con la S maiuscola.
Il 5 gennaio 1762 Elisabetta morì, Pietro III salì sul trono.
Fu un sovrano che fin da subito si dimostrò impopolare, che difficilmente risultava gestibile dell'élite di governo, non solo per le sue stravaganze e follie, ma soprattuto per il fatto che egli voleva continuare ad essere tedesco.
Non dobbiamo scordarci che in quel momento la Russia era impegnata nella guerra dei sette anni proprio contro lo stato Prussiano, guidato da quello che era l'idolo di Pietro, ovvero Federico il grande.
L'immensa ammirazione che Pietro provava per il sovrano tedesco, a guerra ormai vinta con l'esercito russo già dentro i confini prussiani, portò lo Zar a tradire i sui alleati e a firmare la pace con Federico.
Se lo Zar aumentava sempre di più la propria impopolarità, Caterina rimase austera ed impassibile alle scelte del marito, preoccupandosi di raggiungere lo scopo che si era prefissata: russificarsi sempre di più, al fine di essere accettata ed amata dai sudditi.
Ai funerali di Elisabetta, Caterina si mostrò agli occhi del popolo e del clero perfetta nell'esecuzione di tutta quella complessa ritualità che prevedeva il cristianesimo ortodosso, della quale ella probabilmente si infischiava data la sua preparazione di stampo razionalistico-francese che ebbe quando era piccola.
In tale occasione dimostrò un'astuzia sottile, essenziale per il conseguimento delle proprie ambizioni.

Il regno di Pietro III durò solo sei mesi. La sua probabile infermità mentale portò i diplomatici di corte e le gerarchie militari ad ideare un colpo di stato, che fu pienamente appoggiato da Caterina.
Nel luglio del 1762 Pietro si recò per le vacanze in campagna.
La mattina del 9 luglio Caterina venne svegliata da un ufficiale, il quale le comunicò che un comandante del reggimento della guardia, informato del possibile golpe, era stato arrestato.
I golpisti si trovarono davanti ad un bivio: fermarsi o andare avanti. Fu proprio Caterina a prendere in mano la situazione, la quale circondata da ufficiali si recò alla caserma del reggimento Iznajlovskij, ordinando ai soldati di uscire fuori ed urlare "viva la zarina!". I soldati gridarono e giurarono fedeltà alla nuova Imperatrice.
Pietro fu costretto ad abdicare e dopo dieci giorni morì.
Sul travagliato e conteso trono di Russia ora siederà Caterina per 34 anni.
Durante gli anni in cui fu la zarina di Russia, Caterina non fu un burattino nelle mani di un'élite maschile, ma una vera imperatrice.
La sua fu una politica di decisione e di controllo, fortemente animata da idee passionali che contraddistinsero la sovrana: sognava di rendere grande la Russia, di ampliarne i confini, di distruggere l'Impero Ottomano e di regnare su Costantinopoli.
Fortissima fu la vocazione verso l'oriente che Caterina portò nella politica russa, e ciò fu messo in luce dai nomi che essa diede ai suoi nipoti: Il primo Alessandro, come Alessandro magno che condusse i greci alla conquista dell'oriente; il secondo Costantino, colui che portò Roma ad oriente.
Caterina non ebbe mai scrupoli: impose la presenza russa nel Caucaso, invase la Crimea ed inaugurò una politica di presenza nel mar nero.
Decise però di muoversi anche verso l'Europa: alla fine del 1700 si spartì l'antico regno di Polonia inglobando nel limes russo Varsavia, arrivando a toccare i confini tedeschi.
Caterina non fu una donna solo potente ed indipendente da un punto di vista politico, ma la sua emancipazione dal mondo maschile la si vide anche in amore.
La zarina si circondò di diplomatici, ambasciatori e generali che furono spesso anche i suoi amanti.
Erano uomini di cui essa si innamorava perdutamente in pochi istanti, ed in altrettanti pochi attimi se ne stufava liquidandoli dalla corte riempiendoli di regali.
Fu una donna indipendente in un mondo di soli uomini.
Abbiamo iniziato questo articolo sottolinenando però come il 1700 non fu solo un contenitore di assolutismi, ma fu anche il secolo dei lumi.
Caterina lesse e scrisse di tutto, dalle poesie agli articoli di giornale.
La zarina fu l'immagine di un nuovo tipo di sovrano intellettuale, colto e spiritoso.
Riuscì nei suoi 34 anni di impero a circondarsi non solo di amanti, ma anche e soprattuto di filosofi, quasi sempre francesi, da Diderot a Voltaire.
La sua corrispondenza con gli intellettuali dell'epoca fu quasi sempre pubblica, ed in essa sposava le idee di tolleranza e fraternità arrivando ad affermare "io per me sono repubblicana, lo so che questo sembra in contraddizione con il mio potere illimitato ma nessuno può dire che io ne abbia abusato".
Le idee illuminate di Caterina furono tantissime, ma spesso servirono solo ad ampliare la sua figura di Imperatrice filosofa, piuttosto che a rendere concrete una serie di riforme che avrebbero spinto la Russia in un balzo in avanti che forse sarebbe stato troppo eccessivo.
Per anni la zarina si impegnò nella stesura di un nuovo codice illuminato, scrivendo egli stessa in persona l'istruzione per la commissione di giuristi che avrebbero dovuto lavorare al nuovo codice, copiando interi capitoli da Montesquieu e ispirandosi apertamente a Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Il testo che ne uscì fuori fu uno scritto fortemente progressista con idee di libertà ed uguaglianza, tanto da venir giudicato troppo estremista e bandito in Francia. Ma anche la riforma del codice non si fece mai.
A seguito delle mancate riforme che avrebbero dovuto migliorare la vita dei contadini e dei perseguitati, Caterina dovette fare i conti con un attore terzo, che fino a quel momento ebbe una scarsa risonanza: il popolo.
Non dobbiamo immaginare lo strato dei ceti sociali più bassi come una matassa malforme con cui il sovrano non dovette mai interloquire, esso fu invece un attore che provava timidamente ad affacciarsi sulla scena della storia, rivendicando una maggiore libertà ed una maggiore tolleranza religiosa.
Se Caterina all'invio del suo governo fu in grado di guadagnarsi la fiducia del popolo attraverso una sua forzata russificazione, adesso che si ritrovò fra le mani un potere assoluto dovette affrontare le prime contestazioni.
Gli animi si fecero nel corso del tempo sempre più caldi giungendo nello scoppio di quella che venne definita come la "guerra dei contadini".
Se la zarina fu infatti definita un sovrano illuminato, fu sempre una donna della sua epoca, che non smise mai di pensare al popolo come ad un soggetto passivo, per questo le idee che l'imperatrice espresse nella sue lettere con i filosofi francesi rimasero quasi sempre teoriche.
Le condizioni di vita del popolo russo, in particolare modo dei contadini, rimasero sempre molto precarie e numerose furono le suppliche che i sudditi scrivevano ed inviavano all'imperatrice, la quale però, stanca di sentire le lamentele del popolo, impose che ogni supplica dovesse prima essere rivolta ai propri padroni.
Scoppiarono decine di rivolte che coinvolsero intere masse di contadini, guidati dall'ex ufficiale dei cosacchi Pugačëv, il quale proclamò di essere la reincarnazione del defunto Zar Pietro III.
Caterina mandò i suoi migliori generali, riuscendo senza troppe difficoltà a sedare i moti di protesta. La ferocia fu però estrema: Pugačëv fu trasportato in una gabbia verso Mosca, decapitato ed infine squarciato in pubblico.
Se Caterina fu sempre in bilico fra voler essere un'imperatrice filosofa, una zarina illuminata e l'essere un sovrano assoluto e autoritario, la rivolta di Pugačëv chiuse ogni dubbio: divenne sempre più incline a rinchiudersi all'interno dell'orgoglio del suo potere assoluto.
Il cinismo di Katerina prevalse su ogni passione illuministica: alla fine dei suoi anni l'Europa bruciò sotto i vessilli della rivoluzione francese e la zarina reagì con totale ostilità.
"Empi e sediziosi" così Caterina definì i principi della Rivoluzione, in un editto in cui la zarina chiedeva a tutti i francesi residenti in Russia di giurare fedeltà alla religione e al sovrano, distaccandosi il più possibile da quello che avveniva a Parigi.
Caterina morirà il 17 novembre 1729 inasprita da ciò che accadeva nel resto d'Europa, con l'ago della bilancia ormai completamente pendente verso la volontà e la convinzione che a governare dovessero essere solamente poteri assoluti.
Nacque per dominare e, in effetti, una donna raramente portò così bene la corona come Caterina, e pochi principi meglio di lei capirono l'importanza della loro posizione, incarnando nella sua persona la complessità dei suoi straordinari tempi, osteggiando un potere assoluto ma spesso ispirato ed affascinato dalle nuove idee che andavano diffondendosi per l'Europa.
AUTORE
SIMONE SAVASTA